Il taglio degli istituti scolastici indicato dal Ministero dell’Istruzione e del Merito è in palese violazione dei principi costituzionali che assegnano alle Regioni la competenza sulla rete scolastica e contraddice le dichiarate volontà di sostegno al mondo dell’istruzione. Il processo innescato dal Governo con la Legge di Bilancio, infatti, e con il decreto ministeriale prevede una progressiva riduzione delle autonomie scolastiche anche in Toscana passando dalle attuali 470 a 455 dall’ anno scolastico 2024/25, a 452 nel 2025/26 e 446 del 2026/27. Il processo indicato eroderà in maniera sempre più evidente il mondo della formazione, comprimerà le strutture, ridurrà i finanziamenti e il personale della scuola rallentando la crescita e il benessere della nostra società.
La Regione Toscana ha da tempo rispettato un corretto percorso di dimensionamento scolastico in Toscana raccogliendo le indicazioni delle Province e dei Comuni, rispettando le necessità espresse dai territori sia dal punto di vista educativo che organizzativo. La concertazione tra istituzioni è fondamentale specialmente quando si intaccano tematiche come la formazione a servizio delle comunità poste all’interno di territori complessi e vasti come il nostro. Per garantire la qualità dei percorsi didattici in aree interne a bassa antropizzazione è necessario, infatti, applicare correttivi sociali e non algebriche e asettiche formule figlie della burocrazia centrale.
La scelta del Ministero dell’Istruzione e del Merito applicata in maniera indifferenziata su tutto il territorio nazionale è semplicemente sbagliata, figlia di un centralismo arrogante e di una sbrigativa e superficiale concezione di governo che rompe il necessario rapporto con Regioni e Enti Locali. Avere meno autonomie provoca nella nostra provincia, che ha un numero basso di laureati e un numero alto di giovani né occupati né inseriti in un percorso di istruzione o di formazione, una frenata nell’evoluzione delle competenze della popolazione. Gli effetti oltreché causare danni ai percorsi educativi incidono, dunque, concretamente sulle politiche sociali e sull’economia e rischiano di collocare intere aree e comunità in un ruolo di subordine, rallentando lo sviluppo di imprese e relegandole ad un ruolo di mero servizio funzionale all’offerta del mercato del lavoro povero. L’accorpamento, dunque, deve preoccupare perché è una manovra che causa come effetto immediato una perdita netta di posti di lavoro nella scuola e provoca nel tempo, conseguentemente, la chiusura di plessi scolastici, riduce la scolarizzazione e i servizi educativi per i giovani.
La Provincia di Grosseto, nel condividere la presa di posizione del presidente Eugenio Giani e l’assessora Nardini, conferma le indicazioni sul dimensionamento degli istituti scolastici già previsto e concordato con i Comuni e affidato alla Regione.